‘LAZIO CUP’ E PREMIO ‘MAESTRELLI’, EMOZIONI MONDIALI AL’BENITO STIRPE’

 In Breaking News, News

Torna il Lazio Cup, torna lo spettacolo del calcio giovanile riservato alla categoria under 18 dopo ben due stagioni di stop dovute alla pandemia. E torna a fare da prologo il premio ‘Maurizio Maestrelli’, figlio prematuramente scomparso dell’indimenticato Tommaso – allenatore del primo scudetto della Lazio – e marito di Monia Materazzi (toccante e commosso il suo intervento in video), sorella del campione del mondo Marco Materazzi. Da un campione del mondo del 2006 all’altro, perché nel nutrito e titolatissimo ranking di premiati di lunedi sera, c’è il tecnico del Frosinone, Fabio Grosso. Ma andiamo per ordine.

Ancora una volta la presentazione si è svolta nella cornice dello stadio ‘Benito Stirpe’ di Frosinone, grazie alla sensibilità del presidente Maurizio Stirpe che ha messo a disposizione l’impianto. La kermesse di due ore circa è stata presentata dal giornalista Jacopo Volpi, vice direttore di Rai Sport. Impossibilitata ad essere presente la collega Simona Rolandi, collegata per un massaggio video. Come sempre la regia della manifestazione è stata curata dal giornalista Massimo Halasz e dal figlio Giulio, le anime di un torneo che ha visto scorrere tanti giovani campioni nel corso degli anni. Nutritissimo come detto il ranking di premiati come detto, a cominciare delle squadre che prenderanno parte al torneo (Benevento, Canada Selection, Crotone, Salernitana, la Rappresentativa della Lnd, la Roma, il Cassino e il Villalba). Tredici invece i personaggi insigniti del premio ‘Maurizio Maestrelli 2021’: Jacopo Volpi ha chiamato sul palco il presidente dell’Empoli, Fabrizio Corsi, il neo calciatore della Spal, Marco Mancosu che ha raccontato la sua storia degli ultimi mesi, la malattia, la paura e la luce in fondo ad un tunnel che gli si era aperto davanti proprio in occasione della gara di Frosinone lo scorso campionato. E poi il responsabile del settore giovanile della Spal, Marco Sbravati, il ct della nazionale ungherese, Marco Rossi, fresco partecipante agli Europei, il selezionatore della Under 21 azzurra Paolo Nicolato, l’allenatrice della Lazio femminile Carolina Morace, l’ad della Lega di Serie A, Andrea De Siervo, il presidente della Divisione Calcio A 5, Luca Bergamini, il giornalista e inviato Rai, Aurelio Capaldi e l’ex azzurro di atletica e ora medico-anestesista Matteo Villani. Non erano presenti l’agente Fifa, Claudio Vigorelli e il ds dell’Atletico Madrid, Andrea Berta. Il piatto forte è stato rappresentato dal trainer giallazzurro Grosso. Per lui subito un ritorno allo splendido passato mondiale: «Il tempo vola, ogni tanto si rispolverano i ricordi ed è sempre un piacere farlo, che rimarranno sempre dentro di me. Sono felice di ricevere questo premio qui. La mia ambizione mi porta a cercare sempre nuovi successi, lo dico ai miei ragazzi. La similitudine tra i campioni del 2006 e quelli del 2021? Tanto per cominciare ci hanno fatto passare un’estate bellissima. Quando si vince vuol dire che ci sono grandi valori che, abbinati alle qualità dei ragazzi, permettono di raggiungere obiettivi importanti».

«Nella vita lavorativa ci sono alti e bassi – ha proseguito Grosso, incalzato dalle domande di Volpi -, i periodi più complicati ti fanno apprezzare quelli rosei. Io questa seconda vita nel calcio la affronto con passione, con la voglia di voler trasmettere dei valori. Non lo faccio per ottenere subito qualcosa. Il risultato finale è sempre il frutto della programmazione. A me piace parlare dei percorsi, della programmazione, so benissimo che i risultati sono importanti ma non mi focalizzo sul tempo nel quale si deve rimanere in un posto ma quando sono un ambiente mi piace parlare del futuro e di quello che c’è da costruire».

«La differenza tra allenare nella Primavera e in prima squadra? Cambia chiaramente il modo di relazionarsi però sono convinto che se dentro di ognuno, a qualsiasi età, c’è la voglia di migliorarsi, lo si può fare. I grandi traguardi senza i grandi sforzi non arrivano».

Inevitabile parlare dell’incontro con Buffon sabato scorso: «Prima non ci eravamo né visti e né sentiti. Poi a fine partita sono andato a cercarlo perché c’eravamo messaggiati. Lui mi aveva fatto una domanda di campo e la mia risposta era stata: oggi la cosa più importante è che ci siamo abbracciati. Tra noi non ci si vede spesso ma quando raggiungi certi obiettivi con dei compagni, quel filo che ti lega ti accompagna nel tempo. La sensazione strana è che lui continua a giocare e io sono 9 anni che ho smesso, dopo 1 anno di pausa mi sono buttato a capofitto nel ruolo di allenatore. E vederlo mi ha fatto un certo effetto».

Ed ecco il suo presente: «Il Frosinone? Ho le sensazioni che ho raccontato prima. Questa è una squadra programmata per cercare di costruire il valore. C’è l’idea di voler progettare, con queste premesse certi obiettivi possono sembrare più duraturi».

Ufficio Stampa Frosinone Calcio

Post recenti