FROSINONE, MISTER GORGONE: “LA ‘MIA PRIMAVERA’ DA PRIMO ALLENATORE”

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FROSINONE – Nella storia del Frosinone Calcio detiene un paio di record che magari non sono materiale da bacheca ma sicuramente fanno parte della storia di questo Club: due promozioni di fila di cui una storica in serie A ma anche quattro stagioni consecutive in panchina, da vice allenatore, al fianco di Roberto Stellone. Da considerare un amico ‘ante litteram’ come ci tiene a sottolineare mister Giorgio Gorgone, allenatore della formazione giallazzurra inserita nel girone B del campionato Primavera2. Con lui una lunga chiacchierata, a sette giorni dal gong del campionato che vedrà Maestrelli & soci impegnati in casa (ore 11) con la Reggina, formazione quella calabrese tutta da scoprire. E invece di questo Frosinone giovane si sa già tanto: squadra rinnovata quel tanto che necessita tra innesti da altri club e promozioni dall’Under 17 e importanti conferme.

Mister Gorgone, come nasce questa decisione di riprendere con decisione la strada del primo allenatore?

“Diciamo che, in ordine cronologico, l’idea di andare a fare il vice con Roberto (Stellone, dnr) è stata una cosa successiva alla mia idea di iniziare a intraprendere la carriera di primo allenatore. Cerco di ricostruire brevemente i passaggi, partendo da una premessa: quando ci fu il fallimento della Triestina nel 2012, nella mia mente c’era l’idea di fare il primo allenatore. Allo stesso tempo si concretizzò il passaggio di Stellone alla prima squadra del Frosinone e lui mi contattò perché tra me, lui e Andrea (Gennari), c’è una grande amicizia datata nel tempo. Riavvolgo brevemente il nastro: nella prima stagione di Stellone da giocatore al Frosinone io fui sul punto di diventare allenatore della prima squadra della Triestina (dopo il ko 4-0 con l’Atalanta, ndr), promosso direttamente dalla ‘Primavera’. Ma non fu possibile alcuna deroga per me per la questione del patentino. L’anno dopo ripresi dalla ‘Berretti’, c’era sempre il sentore che potessi andare in prima squadra. Poi, come detto in precedenza, a fine stagione la Triestina fallì e venne successivamente iscritta all’Eccellenza. Stellone andò in prima squadra al Frosinone e partì questo bel binomio tra noi due. Una cosa nata per caso. E comunque è stata motivo di grande esperienza. Vedete, ho sentito dire in giro “come mai è finito questo rapporto…”. Semplicemente: con lui stabilimmo di stare insieme 2-3 anni. E le cose sono andate molto bene, con stagioni di grande interesse fino alla serie A. Poi accadeva regolarmente che l’idea di allenare da primo magari mi balenava ma poi arrivavano momenti nei quali si avviavano trattative (Bari, Palermo due volte, Ascoli, Arezzo) e io per correttezza professionale non hai pensato di lasciarlo”.

Ci spieghi un attino: ma il ruolo di secondo cosa significa per un allenatore?

“Bella domanda. Per me significava crescere, fare curriculum a fronte di quelle esperienze che ho avuto e invece mi sono accorto che in Italia funziona diversamente. Ogni volta mi sentivo rispondere: ah, lei è il vice di Stellone. E allora tanto vale istituire due elenchi di allenatori: di primi e di secondi, se la concezione che si ha è questa. A Stellone, colgo l’occasione, voglio formulare un grande in bocca al lupo per il prosieguo della carriera, al pari di tutto lo staff”.

Parliamo di questa tua longevità nel Frosinone che a distanza di anni è tornato nel tuo destino.

“Sono state quattro stagioni, belle e intense. Il Frosinone di allora era sicuramente un Club differente a livello di organizzazione interna e comunque l’anello di congiunzione è stato sempre il presidente Maurizio Stirpe, che voglio ringraziare per l’opportunità che mi dato. E comunque pur nelle differenze con il Frosinone di oggi, quella di allora era una Società con idee molto chiare già dalla Lega Pro, con una identità ed una strategia già marcate. Migliorate nel tempo perché i risultati hanno sicuramente accelerato questo processo. Lo vedevo così dal di fuori e lo valuto allo stesso modo adesso. Quel Frosinone di allora era sul trampolino di lancio. Un ambiente maturo, pulito, chiaro, ciociaro come mi piace definirlo, un ambiente tosto dentro il ‘Matusa’. E oggi è un Club nel quale è cresciuta l’organizzazione a tutti i livelli, le strutture di primissimo piano”.

Che tipo di esperienze porti nella Primavera del Frosinone dopo tutti questi anni di professionismo? Sia dentro di te a livello di accrescimento professionale ed allo stesso tempo da poter trasmettere al tuo gruppo?

“Dal punto di vista professionale riterrei obbligatorio per un allenatore un percorso formativo che comprenda allenare nel settore giovanile, stare all’interno di uno staff per almeno 3-4 anni. Oggi invece si scavalca tutto, pronti e via. Magari fanno benissimo ad accettare. Credo che si faccia esperienza soprattutto ad osservare da vicino certe dinamiche, col tempo comprenderle ed avere la fortuna di leggerle prima. Mi riferisco alla gestione del gruppo ma anche all’aspetto tecnico-tattico. E con quel bagaglio, nel corso degli anni, aumentano anche le possibilità di poter indirizzare le scelte perché magari le hai già viste e valutate. In questa squadra porto le idee in cui credo e parte per me un percorso avviato in ritardo. Ma non ne sento la colpa perché come ho detto prima ci sono state delle tempistiche particolari: in un paio di stagioni si erano prospettate delle situazioni in Lega Pro, nel 2016 e 2 stagioni fa, ma con Roberto eravamo già a trattative avviate con altri club e la mia correttezza, la mia etica ancorché la mia amicizia nei suoi confronti mi hanno fatto propendere per rimanere con lui. Il cosiddetto timing non si è mai incastrato. Quando invece mi ha chiamato il direttore Frara a giugno, Stellone mi disse: mi dispiace ma è giusto così. Vedi, il mio rapporto con lui e Andrea (Gennari, ndr) è diverso da quello che si può instaurare nella maggior parte dei casi tra un tecnico e il suo staff. Noi eravamo e saremo sempre amici. Ripeto: voglio capire quali sono le cose più funzionali al nostro progetto generale. Qui al Frosinone porto una gestione che mi piace definire più da prima squadra, non credo sia un errore. Più della metà dei ragazzi credo che dalla stagione prossima si dovrà affacciare in prima squadra, al di là della categoria”.

Un commento a quello che potrà essere il girone B della Primavera2?

“Debbo essere sincero, ho visto molta Primavera1. Oggettivamente non lo conosco ma conta per ora la conoscenza della mia squadra”.

Che tipo di obiettivi sono stati prefissati?

“L’obiettivo primario è quello che deve piacermi quello che faccio con la squadra, l’obiettivo è che la squadra deve piacermi per quello che esprime sul campo. Loro, i ragazzi, lo sanno: il loro obiettivo è a 20 metri, il campo di allenamento della prima squadra. So che non è facile perché il livello del Frosinone di mister Fabio Grosso è di nuovo quello di una formazione competitiva per la categoria. Ma proprio per questo l’obiettivo di tutti deve essere quello di competere per vincere. E io, a tal proposito, sono un competitivo di natura. Non debbono giocare solo per migliorarsi perché poi quando compi il salto non giochi più per migliorarti ma per vincere. E bisogna abituarsi a questo concetto. Poi bisogna capire come si arriva a vincere: se lo fai speculando e basta o curare di più la ‘creazione’ come è giusto che sia nel Settore Giovanile. Ma non può mai mancare il senso della competizione. Cosa diversa quando parliamo di categorie inferiori a livello giovanile dove conta la visione un po’ più globale”.

Un giudizio sulla rosa che alleni da un mese e che hai strutturato con il direttore Frara.

“Di Frara ho apprezzato la sua grande volontà di mettersi a disposizione, è stato bravo perché ha colto al volo l’opportunità ed ha avuto l’umiltà di fare un passo indietro. E’ appoggiato e seguito dal direttore dell’Area Tecnica, Angelozzi, che io ho avuto da giocatore ai tempi del Perugia. Ha costruito una squadra anche lui in un breve periodo, calandosi immediatamente nella nuovissima realtà. E poi a Frara mi lega l’esultanza più bella e più sentita da quando siedo in panchina, quella del famoso gol che ci valse il sorpasso e quindi la promozione realizzato al Lecce: c’è una foto che custodiscono i magazzinieri Crescenzi e Basile, lui arrivava al culmine della stagione nella quale aveva perso il papà. Mi chiedevi un commento su Stampete? E’ un ragazzo che ha delle qualità indubbie, si è allenato con noi all’Arezzo, è venuto molto volentieri e comunque era stato già segnalato da Frara. E poi ci sono tanti altri ragazzi, tutti interessanti e di prospettiva”.

Cosa si sente di poter dire ai ragazzi che si stanno avviando all’inizio di questo percorso che per diversi di loro è nuovo?

“Loro possono migliorare, giorno dopo giorno. Debbono anche sapere che io sono esigente. E questo aspetto deve essere la loro forza. Il calcio non è solo un pallone che entra in porta. Il calcio è anche creatività e se un ragazzo ha una autodisciplina ed è mosso da un certo atteggiamento, può sempre migliorare. Ci credo in questa squadra. L’unico dispiacere è che si è costretti a lasciare fuori qualcuno, con i giovani la cosa è più pesante ma bisogna fare delle scelte dopo le valutazioni. Loro debbono sapere che nessuno vuole penalizzarli”.

E adesso c’è il campo. La grande ribalta, la grande occasione.

Ufficio Stampa Frosinone Calcio

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